E' qualche anno ormai che mi interrogo su Dio. Ovviamente, non sono ancora giunta ad una risposta. C'è? Non c'è? Io non lo so di sicuro. Però sento profondamente, dentro di me, che credo in qualcosa. Solo che non so bene definire cosa sia!!! Diciamo che ci sto lavorando, sto ricercando...
Al di là del discorso spirituale, certamente un punto sempre più ferma nella mia vita, o meglio, nel mio pensiero, è che non credo in molti dogmi costruiti dagli uomini, e soprattutto ho una fortissima repulsione/odio (strana questa parola... o-dio....) per il pensiero "mainstream" dell'istituzione chiesa, diciamo da sempre, diciamo con qualunque papa (non sono una di quelle che osanna quello andato solo perchè ha giocato con una colomba alla finestra.... ne ha fatte anche lui!).
Ad oggi, sono convinta di queste cose:
1) credo nel diritto di una donna a vivere una vita dignitosa. Questo include il non avere un figlio che non vuole e il non volere un marito che non ama. Include anche il non essere l'angelo del focolare, e il non cercare a tutti i costi di imitare una donna (Maria) che non può essere imitata. Ogni donna è meravigliosa per quella che è, senza bisogno di essere santa e immacolata.
2) credo, al tempo stesso, nel diritto di una coppia a non stare più insieme se non si ama più. Mi auguro al tempo stesso che le persone non si sposino per fare la festa o perchè aspettano un bimbo, ma perchè il loro amore è profondo, sincero e maturo. Ma l'amore non è eterno: è certamente il sentimento più forte, ma suscettibilissimo di variazioni e fine. E come tale va accettato.
3) credo anche che se questo potente sentimento che è l'amore nasce tra due uomini, o tra due donna, ha la stessa identica valenza di un amore tra uomo e donna. Nulla cambia. E per questo, credo nel diritto di qualunque coppia a consolidare questo amore nel matrimonio, e perfino a consacrarlo: l'amore è sacro, e va rispettato sempre, in tutte le sue manifestazioni. Ed è dall'amore che nascono i figli, "biologici" o no.
4) credo che Gesù (e Dio) abbiamo sempre adottato l'opzione preferenziale per i poveri, non per i capi di governo. E per questo credo che se la chiesa li imitasse, potrebbe davvero essere una loro manifestazione.
Dio c'è? Non lo so. Ma c'è l'amore, di questo ne sono certa. Ed è su questo che voglio basare la mia vita. L'amore come forza, come potenza, come gioia.
... Perchè l'amore basta all'amore.
laBartBlog
LIFE COMES FROM WITHIN YOUR HEART AND DESIRE... (PJ)
giovedì 20 ottobre 2011
martedì 18 ottobre 2011
Che coss'è l'ammmor
L'amore ha mille sfumature. Centinaia, migliaia, milioni. Molte di più dei colori che esistono al mondo. E la sua andatura è simile alle onde del mare. L'amore è potente, è devastante, è incosciente, è sacro. Sicuramente, l'amore è qualcosa di illegale. E la cosa più bella dell'amore, è che non riuscirò mai a comprenderlo. Mi investe, mi travolge, mi scompiglia di capelli come un vento autunnale in montagna. E poi mi scalda, mi avvolge, mi sovrasta. Come cambia, l'amore... Passa dalla passione, alla monotonia, alla tenerezza, alla follia. Passa dalla fedeltà alla crudeltà, dalla smania all'indifferenza. E poi torna e ritorna e torna e ritorna. Ci prende in giro, l'amore. Se ci fosse davvero Eros, il dio dell'amore, sicuramente riderebbe ogni minuto di noi.
La questione, è che non possiamo farne a meno: ce piace troppo!
lunedì 17 ottobre 2011
Diritto al cibo, diritto all'agricoltura!
(post scritto venerdì 14 ottobre ma pubblicato solo oggi….)
Ieri pomeriggio, io (Don Chisciotte) e il mio fido Sancho Panza siamo andati a Parma, per il festival “Kuminda”, sul diritto al cibo. L’incontro programmato ieri riguardava in particolare le questioni legate alla sovranità alimentare, tema a me molto caro ma soprattutto di fondamentale importanza rispetto alle crisi alimentari e ambientali degli ultimi 4-5 anni.
L’argomento, quindi, era super interessante, e i relatori sembravano davvero accattivanti. Come dice la mia carissima amica Angela, uno degli scopi di un blog è anche quello di tenere per iscritto dei “remembering personali”, da rileggere un domani e/o da condividere con altri. Quindi voglio usare questo spazio come “blocco di appunti” per scrivere gli argomenti emersi dal convegno e le impressioni che ho avuto, nonché i confronti fatti con Sancho Panza, amor de mi vida.
Ieri pomeriggio, io (Don Chisciotte) e il mio fido Sancho Panza siamo andati a Parma, per il festival “Kuminda”, sul diritto al cibo. L’incontro programmato ieri riguardava in particolare le questioni legate alla sovranità alimentare, tema a me molto caro ma soprattutto di fondamentale importanza rispetto alle crisi alimentari e ambientali degli ultimi 4-5 anni.
L’argomento, quindi, era super interessante, e i relatori sembravano davvero accattivanti. Come dice la mia carissima amica Angela, uno degli scopi di un blog è anche quello di tenere per iscritto dei “remembering personali”, da rileggere un domani e/o da condividere con altri. Quindi voglio usare questo spazio come “blocco di appunti” per scrivere gli argomenti emersi dal convegno e le impressioni che ho avuto, nonché i confronti fatti con Sancho Panza, amor de mi vida.
Prima di tutto, l’ambiente. Non in senso ecologico, ma proprio in senso di stanza. Credo proprio che questa sia stata la prima “falla” dell’incontro: si svolgeva infatti in una sala di una biblioteca del dipartimento di economia all’università di Parma, una sala molto bella, ma pur sempre una biblioteca universitaria, con molti tavoli in mezzo tutti dotati di lampada, che in qualche modo impedivano/disturbavano la visuale. Sarebbe stata meglio un’aula, o una saletta adibita per le conferenze. In più c’era davvero poca gente, una quindicina di persone al massimo come spettatori, e non so se era perché era poco pubblicizzato, o poco interessante (non credo), o in orario scomodo (alle 16! Abbiamo dovuto prendere un permesso a lavoro entrambi!), o in una settimana piena zeppa di altri mille eventi… Comunque eravamo in pochi, e questo ha un po’ gravato sulla cosa, secondo me. In più, la metà dei relatori è letteralmente fuggita durante o dubito al termine dell’incontro, lasciando poco/nessuno spazio per la discussione.
Detto ciò, veniamo al succo dell’incontro.
Inizierei con il moderatore, Alessandro Arrighetti, che fa parte di un’interessante realtà chiamata CUCI (Centro Universitario per la Cooperazione Internazionale). Non è che abbia detto nulla di che, ma era sicuramente geniale nel cogliere l’essenziale di ogni intervento, anche di quelli inutili e politici come quello di Pier Luigi Ferrari (Assessore Agricoltura Prov. Parma), il quale si è riempito la bocca di parole fighe, le ha messe una dietro l’altra ma senza alcun senso (per questo tralascerò di recensire il suo intervento…). Insomma, Arrighetti ottimo moderatore, e certamente persona interessante, che mi sarebbe piaciuto ascoltare con più attenzione magari in un intervento tutto suo.
Dopodiché, il convegno si apre subito con un ciclone: il prof. Filippo Arfini, docente del dipartimento di Economia a Parma, che con un intervento molto dettagliato ha spiegato alla perfezione il sistema agro-alimentare europeo, la sua storia, il suo perché, il suo funzionamento. Al termine ho pensato che volevo diventare come lui, una economista agraria! Davvero davvero bravo. Certamente sarà un ottimo docente. Ha spiegato l’importanza della filiera, e di come la distribuzione, ultimo anello della catena, in realtà domini sul resto delle componenti (produzione, ecc.): è la distribuzione che decide se i contadini devono cominciare a coltivare solo biologico oppure OGM, se devono produrre solo pomodori perché le carote non le mangia nessuno, ecc.. Questa cosa ovviamente è recente, e ha scombussolato totalmente il sistema agro-alimentare (fragole a dicembre? Arance a luglio?) e soprattutto le realtà contadine.
Dopo di lui, c’è stato l’orrendo assessore, e poi Arturo Gianvenuti, di Terranuova, ONG romana che, insieme a Crocevia, Coldiretti e altre ONG europee, nonché insieme alle tre organizzazioni contadine africane (ROPPA per africa occidentale, più quelle di africa centrale e orientale) ha dato vita a EuropAfrica, una campagna in difesa dell’agricoltura familiare e della sovranità alimentare in Africa come in Europa. EuropAfrica è stato il fulcro della mia tesi di laurea, nonché il punto cruciale da cui è partito il mio amore spassionato per l’agricoltura. Purtroppo l’intervento di Arturo non è stato tra i migliori, non so se per timidezza o non preparazione o non capacità di public speaking, ma non è stato assolutamente incisivo e interessante come invece avrebbe dovuto essere. Gli argomenti di cui ha trattato sarebbero dovuto essere il fulcro del convegno, e invece sono passati un po’ in secondo piano. In ogni caso, è bene ricordare ciò di cui si è parlato: sovranità alimentare (ovviamente), ma soprattutto agricoltura familiare, politiche europee per la food security, e in particolare land grabbing. Su questo punto vorrei soffermarmi: il land grabbing è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede soprattutto in Africa Subsahariana, dove grandi appezzamenti di terreni “abbandonati” vengono comprati da grandi multinazionali (in Italia ad esempio la ENI) e utilizzati per la produzione di biocarburanti o produzioni (spesso OGM) da esportare. Questo a danno dell’economia locale, che perde dei terreni coltivabili, non guadagna quasi niente da tutta la transizione (i ricavi sono delle aziende e i prodotti esportati), si ritrova alla fine con terreni devastati dalle colture intensive e super chimiche.
Successivamente è intervenuto Ousseynou Mbengue, presidente della comunità senegalese della provincia di Parma, il quale ha parlato di un progetto che stanno portando avanti “Terra e salute”, che accorpa interventi in ambito agricolo e sanitario in zone particolarmente difficili del Senegal.
Il prof. Bruno Marangoni, della mitica facoltà di Agraria di Bologna, esperto in colture arboree, ha parlato dell’agricoltura in Africa Occidentale, specificando che è necessario che, invece di importare dall’estero grano e mais, dovrebbero (e potrebbero) sfruttare le colture locali (come il sorgo) e nutrirsi perfettamente, anche per non alterare le abitudini e tradizioni alimentari che hanno già.
Alla fine, una rappresentante della Regione Emilia Romagna, che lavora nell’ufficio Cooperazione Internazionale, ha concluso il dibattito parlando di quello che fa l’ufficio (molto interessante) e soprattutto parlando di un incontro al quale aveva appena assistito con una donna senegalese (non ricordo né chi fosse né che incontro era), sottolineando l’importanza delle donne in agricoltura e affermando con forza che ormai non bisogna più parlare di “uguaglianza”, ma di DIGNITA’.
E questa dignità, a mio avviso, va cercata e perseguita non solo nel rapporto uomo-donna, ma anche nel lavoro agricolo che ogni giorno è portato avanti da milioni di contadini e produttori, che dovrebbe assolutamente essere rivalutato in Europa, come anche in Africa, in America, ovunque, perché è alla base della nostra VITA e della sopravvivenza del pianeta.
giovedì 6 ottobre 2011
Stay Hungry! Stay Foolish!
È morto Steve Jobs.
Io non ho mai comprato niente della Apple, anzi, mi ha sempre infastidito il fatto che se compravi una cosa della Apple, poi per forza tutti gli accessori ecc dovevano essere della Apple, no way. Ma a parte queste cavolate, sono anche sempre stata consapevole della validità ed estrema qualità del marchio, e soprattutto del suo essere anti-Microsoft, che Dio ce ne scampi e liberi. Una specie di guerra fra titani, in verità, dove io ho semplicemente scelto una terza via: il software libero (anche se, appena avrò i mezzi, spero di potermi regalare un Mac....).
Non voglio però soffermarmi sulle mie scelte informatiche, o sulla Apple di per sé, quanto piuttosto sul Steve Jobs l’uomo. Anzi, il genio, oserei dire. Il famosissimo discorso conclusosi con “Stay Hungry! Stay Foolish!” mi ha sempre smosso qualcosa dentro, e quello che purtroppo gli è successo ieri sera, la sua scomparsa, in concomitanza con tutto quello che mi sta succedendo in questo periodo, i miei pensieri, le mie ansie, ecc., mi portano a riflettere sul senso profondo di quella frase e di quel discorso, o per lo meno sul legame che ci trovo con la mia vita attuale.
Essere affamati, essere folli… Questa descrizione la rivedo moltissimo nella mia carissima amica Ileana: una donna eccezionale, affamata, folle. Laureata alla triennale, gran voglia di imparare e soprattutto mettere in pratica, inizia a lavorare in un’azienda che da architettura e ricostruzioni in 3D, ma non contenta da un corso in animazione 3D, poi va a lavorare un annetto in Scozia, a Glasgow, su un cartone animato di Sean Connery, poi se ne va in Nuova Zelanda, in cerca di fortuna nel settore, ma dopo essersi fatta un favoloso giro dell’isola sud in bici e aver lavorato in una vigna, torna in Italia, cerca ancora, fa varie cosette. È affamata, è folle. È mitica!
In questo periodo di grandi decisioni sul futuro (sempre precario, ma sempre futuro!), mi sento anch’io affamata. Affamata di non buttare all’aria i miei anni di studi e sacrifici, di fare qualcosa per cui valga la pena svegliarsi la mattina, che quando torni a casa la sera sei comunque soddisfatta di quello che fai. Ci provo, ce la metto tutta. Ma non so se sono anche folle. A volte ci sono situazioni in cui sei legata a determinate altre situazioni, anzi, a scelte di vita. E quindi bisogna ponderare e soppesare mille cose, mille alternative, mille possibilità, per farsi strada con un gran machete nella giungla della vita e raggiungere la felicità, o per lo meno la strada che secondo noi porta ad una presunta felicità. Chi lo sa… Fame e follia.
Mi sono attaccata la scritta “Stay hungry! Stay foolish!” di fronte al PC in ufficio. Un remembering, da guardare ogni tanto, e da non dimenticare.
lunedì 3 ottobre 2011
Resoconti internazionali - parte II
Siamo quindi giunti al 2 ottobre. Fermi nell'idea di non perderci nulla di quello che ci eravamo programmati di vedere, partiamo di gran carriera da quel di Bazzano e arriviamo in tempo per i rispettivi incontri. Stavolta ci dividiamo: io mi dedico al cinema, ai documentari, all'America centrale; Sem ai pensatori francesi e alle teorie energetiche. (Direi che queste scelte rispecchiano in pieno le nostre personalità...).
Ovviamente, racconterò le mie esperienze. E ricomincio il mio elenco:
1) "Last Chapter: Goodbye Nicaragua". Film/doc di Peter Torbiornsson, giornalista svedese che negli anni Ottanta era in Nicaragua. Soprattutto, ero li durante la rivoluzione sandinista. Ampiamente simpatizzante per quest'ultima, si è trovato a mettere in discussione tutto quanto una bomba è esplosa nel bel mezzo di una conferenza stampa, uccidendo 7 giornalisti e ferendone 22, e lasciando lui illeso. Torbiornsson non trova pace: si distrugge l'anima per vent'anni, finchè si decide a cercare la verità: chi ha messo quella bomba? perchè? da parte di chi? Mentre tutti dicevano che era stata sicuramente colpa della CIA, il giornalista scopre che i diretti mandanti erano proprio i sandinisti saliti poi al potere, e che ad oggi hanno instaurato una sorta di dittatura populista nel paese che essi stessi volevano liberare (checchè se ne dica, lo stesso uomo al governo per oltre trent'anni che impone un vero e proprio culto alla sua persona è dittatura, non democrazia - leggi qui anche il buon vecchio Fidel, con tutti i pro e i contro del caso).
Questa scoperta lo distrugge, distrugge tutto ciò in cui aveva creduto, e lo riempie di sensi di colpa. Un documentario delicato, introspettivo, un pò svedese e un pò nicaraguense, soprattutto nel modo di raccontarlo. Molto molto interessante. Mi ha decisamente colpito, turbato, ammaliato.
2) "Impunity". Purtroppo, il mio amore viscerale per l'America Latina non ha retto di fronte alla Colombia. La Colombia sta all'America Latina come Castel Volturno all'Italia: un posto meraviglioso ma pieno di contraddizioni, agghiacciante e sconvolgente, che va oltre tutto ciò che uno si può immaginare. Purtroppo, dopo 10 minuti di corpi senza testa e donne che gridavano e piangevano per chiedere notizie dei loro mariti scomparsi, mi sono alzata dalla poltrona del cinema e sono uscita. Fuori dal buio della sala, mi ci è voluto un pò per respirare e capire dov'ero e chi ero. Un colpo allo stomaco e al cuore. Spero un giorno, con più tranquillità, di poter vedere questo doc sicuramente fantastico.
3) E ora, un altro appuntamento fisso di ogni anno: l'incontro con il mitico Tonio Dell'Olio, dal titolo "La multinazionale del crimine. L'economia mafiosa nel tempo della crisi". Non mi soffermo neanche su Tonio, solo due parola: che uomo!!! L'incontro è stato come sempre super interessante e stimolante, soprattutto per il magistrato anti-camorra Raffaele Cantone, e il prof. Enzo Ciconte, esperto di 'ndrangheta. Molto bravo anche il criminologo Federico Varese, che lavora ad Oxford e insegna sulle mafie a livello internazionale. Unica nota stonata era Stefanini dell'Unipol, ma vabbè, "so' banche". Niente a che vedere con professori e magistrati. Un altro paio di maniche proprio. E' stato molto interessante il focus che hanno dato sull'internazionalità delle mafie italiane: i camorristi in Scozia, in Germania, ma anche le 'ndrine in NordItalia e nel resto del mondo (ad oggi, la 'ndrangheta è la più forte delle mafie italiane e, forse, anche di quelle estere). Ormai, hanno detto gli ospiti, il mafioso non è più quello con la coppola e la lupara, anzi! Il mafioso è quello che, pure qui in Emilia-Romagna, paradiso terrestre di ogni terrone come me, ti propone di costruirti la casa con due soldi, a prezzi stracciati, ma te lo propone con giacca e cravatta, fare affabile, e tu pensi che sia il sagrestano della tua parrocchia e invece magari fa di cognome Zagarìa e cerca un modo per riciclare denaro sporco.
Mi sarebbe piaciuto fare una domanda, chiedere della "quinta mafia" che si sta diffondendo come petrolio nella mia amata terra del basso Lazio, ma la mia manuzza non era abbastanza in alto e altri hanno preso la parola al mio posto. Ma va bene così, è stato come sempre emozionante, rabbioso, costruttivo.
Finisce così l'avventura internazionale. Bella, come sempre. Stimolante, che ti fa venire mille idee e tu ti tiri le botte in testa per ricacciarle dentro.
Sempre stupendo. Ti riempie l'anima, il cuore e la mente. Bravi!!
Ovviamente, racconterò le mie esperienze. E ricomincio il mio elenco:
1) "Last Chapter: Goodbye Nicaragua". Film/doc di Peter Torbiornsson, giornalista svedese che negli anni Ottanta era in Nicaragua. Soprattutto, ero li durante la rivoluzione sandinista. Ampiamente simpatizzante per quest'ultima, si è trovato a mettere in discussione tutto quanto una bomba è esplosa nel bel mezzo di una conferenza stampa, uccidendo 7 giornalisti e ferendone 22, e lasciando lui illeso. Torbiornsson non trova pace: si distrugge l'anima per vent'anni, finchè si decide a cercare la verità: chi ha messo quella bomba? perchè? da parte di chi? Mentre tutti dicevano che era stata sicuramente colpa della CIA, il giornalista scopre che i diretti mandanti erano proprio i sandinisti saliti poi al potere, e che ad oggi hanno instaurato una sorta di dittatura populista nel paese che essi stessi volevano liberare (checchè se ne dica, lo stesso uomo al governo per oltre trent'anni che impone un vero e proprio culto alla sua persona è dittatura, non democrazia - leggi qui anche il buon vecchio Fidel, con tutti i pro e i contro del caso).
Questa scoperta lo distrugge, distrugge tutto ciò in cui aveva creduto, e lo riempie di sensi di colpa. Un documentario delicato, introspettivo, un pò svedese e un pò nicaraguense, soprattutto nel modo di raccontarlo. Molto molto interessante. Mi ha decisamente colpito, turbato, ammaliato.
2) "Impunity". Purtroppo, il mio amore viscerale per l'America Latina non ha retto di fronte alla Colombia. La Colombia sta all'America Latina come Castel Volturno all'Italia: un posto meraviglioso ma pieno di contraddizioni, agghiacciante e sconvolgente, che va oltre tutto ciò che uno si può immaginare. Purtroppo, dopo 10 minuti di corpi senza testa e donne che gridavano e piangevano per chiedere notizie dei loro mariti scomparsi, mi sono alzata dalla poltrona del cinema e sono uscita. Fuori dal buio della sala, mi ci è voluto un pò per respirare e capire dov'ero e chi ero. Un colpo allo stomaco e al cuore. Spero un giorno, con più tranquillità, di poter vedere questo doc sicuramente fantastico.
3) E ora, un altro appuntamento fisso di ogni anno: l'incontro con il mitico Tonio Dell'Olio, dal titolo "La multinazionale del crimine. L'economia mafiosa nel tempo della crisi". Non mi soffermo neanche su Tonio, solo due parola: che uomo!!! L'incontro è stato come sempre super interessante e stimolante, soprattutto per il magistrato anti-camorra Raffaele Cantone, e il prof. Enzo Ciconte, esperto di 'ndrangheta. Molto bravo anche il criminologo Federico Varese, che lavora ad Oxford e insegna sulle mafie a livello internazionale. Unica nota stonata era Stefanini dell'Unipol, ma vabbè, "so' banche". Niente a che vedere con professori e magistrati. Un altro paio di maniche proprio. E' stato molto interessante il focus che hanno dato sull'internazionalità delle mafie italiane: i camorristi in Scozia, in Germania, ma anche le 'ndrine in NordItalia e nel resto del mondo (ad oggi, la 'ndrangheta è la più forte delle mafie italiane e, forse, anche di quelle estere). Ormai, hanno detto gli ospiti, il mafioso non è più quello con la coppola e la lupara, anzi! Il mafioso è quello che, pure qui in Emilia-Romagna, paradiso terrestre di ogni terrone come me, ti propone di costruirti la casa con due soldi, a prezzi stracciati, ma te lo propone con giacca e cravatta, fare affabile, e tu pensi che sia il sagrestano della tua parrocchia e invece magari fa di cognome Zagarìa e cerca un modo per riciclare denaro sporco.
Mi sarebbe piaciuto fare una domanda, chiedere della "quinta mafia" che si sta diffondendo come petrolio nella mia amata terra del basso Lazio, ma la mia manuzza non era abbastanza in alto e altri hanno preso la parola al mio posto. Ma va bene così, è stato come sempre emozionante, rabbioso, costruttivo.
Finisce così l'avventura internazionale. Bella, come sempre. Stimolante, che ti fa venire mille idee e tu ti tiri le botte in testa per ricacciarle dentro.
Sempre stupendo. Ti riempie l'anima, il cuore e la mente. Bravi!!
Resoconti internazionali - parte I
Ovviamente, dopo un fittissimo weekend in giro per la meravigliosa Ferrara alla ricerca della cosa più figa da ascoltare o da vedere, non poteva mancare un resoconto degli avvenimenti e, ahimè, dei mille stimoli che mi hanno investita in tale occasione.
Dato che l'operazione si preannuncia lunga e complessa, e non essendo amante dei "lenzuoli" di parole alla Sem Occhiocupo, schematizzerò, che è la cosa che mi riesce meglio e che più mi piace.
Partiamo allora dagli incontri del sabato 1 ottobre. Anzi, anzi... Partiamo da una breve premessa: le due settimane antecedenti ai fatti, la qui scrivente si è sparata circa 55-60 ore settimanali di lavoro non per abituarsi a ritmi cinesi che presto conquisteranno il bel paese, ma perchè presa da quella fase critica e delicata chiamata "progettazione-pochi-giorni-prima-della-scadenza-del-bando". Precisiamo: 3 bandi. 3 progetti. In due settimane. Per un totale di circa 130mila euro chiesti alla Provincia e 8mila a Fon.Coop. Ma sorvoliamo, va.....
Dunque, dicevo, dopo queste due allegre settimane di stress-ansia-stanchezza-occhiaie che quasi mi hanno avvicinato a quell'orrida bevanda chiamata caffè (tanto ero esaurita), giunge il weekendone che tutti gli anni aspettiamo ferventi e devoti: il FESTIVAL DI INTERNAZIONALE. Tutto ciò per dirvi che il primo giorno del festival, il venerdi 30, ero talmente stanca che non riuscivo neanche a dormire. Indipercui, siamo passati direttamente al 1 ottobre. NOOOO!!! stavo per dimenticare!!! Altro appunto da fare: il 30 settembre sera, dopo essermi un pò ripresa dallo shock tipico della progettazione (che tuttavia amo follemente), siamo stati a Bologna per l'incontro con GENUINO CLANDESTINO, un evento organizzato da Campi Aperti (cliccate e capirete). Molto molto interessante: le questioni legate alla terra sono decisamente l'ambito che più mi affascina e mi interessa. Non escludo assolutamente in un futuro l'idea di dedicarmi all'agricoltura. Genuina. Clandestina.
Detto ciò, torniamo al cuore della questione: international! Dunque... Il 1 ottobre:
1) "Questo è solo l'inizio. Le nuove voci della cultura africana". In questo primo incontro, 8 protagonisti della scena artistica africana (nello specifico, keniana, nigeriana e ivoriana), moderati da una scrittrice italosomala, Igiaba Scego, hanno raccontato in modo assolutamente affascinante (si, mi sembra l'aggettivo più adatto) cosa fanno, le loro opere, le loro idee. Dal mitico Binyavanga Wainaina, con una giacca di mille colori e una stazza enorme, ma un modo di parlare assolutamente coinvolgente, a Paul Sika, dalle foto più che sgargianti, con colori accecanti. Tutti con molte cose da raccontare, da dire. E, finalmente, nulla sui poveri bambini africani con le mosche in faccia o su questa povera Africa che ha assoluto bisogno dell'aiuto occidentale. Anzi, Wainaina ha esplicitamente gridato "no, vi prego non ci aiutate più! al massimo siamo noi che dobbiamo aiutare voi!!!". E' stato meraviglioso conoscere un panorama artistico e letterario denso di talenti eccezionali, con cose da dire non legate per forza ad una terra o ad un tempo o ad una cultura, ma proprie dei singoli artisti. Davvero bello e, appunto, affascinante.
2) "Un posto in prima fila. L'America Latina raccontata in punta di penna". Beh, a me basta sentire anche solo da lontano qualcuno che parla messicano e mi sciolgo. Figuriamoci se questo qualcuno è una giornalista eccezionale come Alma Guillermoprieto, accompagnata sul palco da altri due pezzi grossi del giornalismo (questa volta argentini), quali Leila Guerriero e il meraviglioso (lo dico da donna super affascinata) nonchè baffuto Martìn Caparròs. Come descrivere questi tre giornalisti? Stupendi. Il loro è un "giornalismo narrativo": per far capire cos'era, l'ottocentesco Caparros ha spiegato che, se un giornalista normale avesse dovuto descrivere quel momento, avrebbe raccontato di loro tre, delle cose che dicevano, e basta. Un giornalista narrativo, invece, avrebbe descritto i volti delle persone che erano li ad ascoltarli, avrebbe chiesto a quelli in prima fila a che ora fossero arrivati, avrebbe raccontato l'atmosfera di quella piazza e la storia di quei muri. E poi, come dice la Guillermoprieto, il giornalismo narrativo ti obbliga a farti delle domande. Meraviglia. E grande stupore quando, dopo aver osservato questa donna sulla cinquantina, molto dolce e di classe (ex ballerina classica), amorevole, con la sua camicietta a fiori, compro il suo libro, che raccoglie le sue più importanti cronicas, e leggo che i suoi occhi teneri hanno visto cadaveri mangiati da avvoltoi, neonati uccisi, e chi più ne ha più ne metta. Tutte queste cose tutte nella stessa persona. Quindi, una persona eccezionale. Con un modo di parlare lento, che pesa le parole, e quelle che dice, ti strappano il cuore. Wow.
Quindi, nello stesso giorno, artisti africani e giornalisti latinoamericani. Una bella scorta di cultura, coraggio e meraviglia da mettere nel mio bagaglietto.
I postumi della progettazione e le camminate ferraresi ci hanno impedito di assistere la sera al concertone di Amadou e Mariam, e al djset del mio amore Jova. Que lastima!!Ma eravamo davvero a pezzi. In ogni caso, davvero carichi e pieni di cose nuove da imparare (e di libri negli zaini... sigh sigh! Il festival ogni volta ci dimezza gli stipendi in libri!!!).
www.internazionale.it/festival
Dato che l'operazione si preannuncia lunga e complessa, e non essendo amante dei "lenzuoli" di parole alla Sem Occhiocupo, schematizzerò, che è la cosa che mi riesce meglio e che più mi piace.
Partiamo allora dagli incontri del sabato 1 ottobre. Anzi, anzi... Partiamo da una breve premessa: le due settimane antecedenti ai fatti, la qui scrivente si è sparata circa 55-60 ore settimanali di lavoro non per abituarsi a ritmi cinesi che presto conquisteranno il bel paese, ma perchè presa da quella fase critica e delicata chiamata "progettazione-pochi-giorni-prima-della-scadenza-del-bando". Precisiamo: 3 bandi. 3 progetti. In due settimane. Per un totale di circa 130mila euro chiesti alla Provincia e 8mila a Fon.Coop. Ma sorvoliamo, va.....
Dunque, dicevo, dopo queste due allegre settimane di stress-ansia-stanchezza-occhiaie che quasi mi hanno avvicinato a quell'orrida bevanda chiamata caffè (tanto ero esaurita), giunge il weekendone che tutti gli anni aspettiamo ferventi e devoti: il FESTIVAL DI INTERNAZIONALE. Tutto ciò per dirvi che il primo giorno del festival, il venerdi 30, ero talmente stanca che non riuscivo neanche a dormire. Indipercui, siamo passati direttamente al 1 ottobre. NOOOO!!! stavo per dimenticare!!! Altro appunto da fare: il 30 settembre sera, dopo essermi un pò ripresa dallo shock tipico della progettazione (che tuttavia amo follemente), siamo stati a Bologna per l'incontro con GENUINO CLANDESTINO, un evento organizzato da Campi Aperti (cliccate e capirete). Molto molto interessante: le questioni legate alla terra sono decisamente l'ambito che più mi affascina e mi interessa. Non escludo assolutamente in un futuro l'idea di dedicarmi all'agricoltura. Genuina. Clandestina.
Detto ciò, torniamo al cuore della questione: international! Dunque... Il 1 ottobre:
1) "Questo è solo l'inizio. Le nuove voci della cultura africana". In questo primo incontro, 8 protagonisti della scena artistica africana (nello specifico, keniana, nigeriana e ivoriana), moderati da una scrittrice italosomala, Igiaba Scego, hanno raccontato in modo assolutamente affascinante (si, mi sembra l'aggettivo più adatto) cosa fanno, le loro opere, le loro idee. Dal mitico Binyavanga Wainaina, con una giacca di mille colori e una stazza enorme, ma un modo di parlare assolutamente coinvolgente, a Paul Sika, dalle foto più che sgargianti, con colori accecanti. Tutti con molte cose da raccontare, da dire. E, finalmente, nulla sui poveri bambini africani con le mosche in faccia o su questa povera Africa che ha assoluto bisogno dell'aiuto occidentale. Anzi, Wainaina ha esplicitamente gridato "no, vi prego non ci aiutate più! al massimo siamo noi che dobbiamo aiutare voi!!!". E' stato meraviglioso conoscere un panorama artistico e letterario denso di talenti eccezionali, con cose da dire non legate per forza ad una terra o ad un tempo o ad una cultura, ma proprie dei singoli artisti. Davvero bello e, appunto, affascinante.
2) "Un posto in prima fila. L'America Latina raccontata in punta di penna". Beh, a me basta sentire anche solo da lontano qualcuno che parla messicano e mi sciolgo. Figuriamoci se questo qualcuno è una giornalista eccezionale come Alma Guillermoprieto, accompagnata sul palco da altri due pezzi grossi del giornalismo (questa volta argentini), quali Leila Guerriero e il meraviglioso (lo dico da donna super affascinata) nonchè baffuto Martìn Caparròs. Come descrivere questi tre giornalisti? Stupendi. Il loro è un "giornalismo narrativo": per far capire cos'era, l'ottocentesco Caparros ha spiegato che, se un giornalista normale avesse dovuto descrivere quel momento, avrebbe raccontato di loro tre, delle cose che dicevano, e basta. Un giornalista narrativo, invece, avrebbe descritto i volti delle persone che erano li ad ascoltarli, avrebbe chiesto a quelli in prima fila a che ora fossero arrivati, avrebbe raccontato l'atmosfera di quella piazza e la storia di quei muri. E poi, come dice la Guillermoprieto, il giornalismo narrativo ti obbliga a farti delle domande. Meraviglia. E grande stupore quando, dopo aver osservato questa donna sulla cinquantina, molto dolce e di classe (ex ballerina classica), amorevole, con la sua camicietta a fiori, compro il suo libro, che raccoglie le sue più importanti cronicas, e leggo che i suoi occhi teneri hanno visto cadaveri mangiati da avvoltoi, neonati uccisi, e chi più ne ha più ne metta. Tutte queste cose tutte nella stessa persona. Quindi, una persona eccezionale. Con un modo di parlare lento, che pesa le parole, e quelle che dice, ti strappano il cuore. Wow.
Quindi, nello stesso giorno, artisti africani e giornalisti latinoamericani. Una bella scorta di cultura, coraggio e meraviglia da mettere nel mio bagaglietto.
I postumi della progettazione e le camminate ferraresi ci hanno impedito di assistere la sera al concertone di Amadou e Mariam, e al djset del mio amore Jova. Que lastima!!Ma eravamo davvero a pezzi. In ogni caso, davvero carichi e pieni di cose nuove da imparare (e di libri negli zaini... sigh sigh! Il festival ogni volta ci dimezza gli stipendi in libri!!!).
www.internazionale.it/festival
lunedì 26 settembre 2011
L'Italia e lo sviluppo
Emergo semi-sconfitta dall'ennesima puntata del meraviglioso programma di Iacona, Presa Diretta. Il tema di oggi era davvero significativo: IL POPOLO.
I primi 2 minuti si parlava di finanza, e già volevo alzarmi dal divano e migrare verso il letto. E invece poi, si sono aperte le porte sulla Campania.
Il Popolo... Il Popolo, con la P grande, è quello di migliaia di persone, padri di famiglia soprattutto, che si alzano la mattina alle 5 e vanno a fare i muratori, per 30 euro al giorno, in nero, senza un briciolo di contributi, e sperando ogni giorno di poter lavorare, perchè neanche quello è sicuro.
Il Popolo, sono le giovani donne, di 30-35 anni, rimaste incinte senza sapere neanche bene come a 15-16 anni, che ora si ritrovano con più di 3 figli da sfamare, e che vivono una vita grama, non hanno potuto studiare, non lavorano, non sanno nulla del mondo se non di quello che riguarda il loro quartiere. Depresse, molto spesso sono ricoverate in centri di igiene mentale o prendono psicofarmaci.
Il Popolo, sono le maestre che nelle scuole, con 27-28 iscritti per classe e solo mezza dozzina di frequentanti, comprano di tasca propria il materiale per la scuola: quaderni, penne, cartelloni, tutto. Perchè, dicono, "l'importante sono loro (i bambini)".
Ma il Popolo, sono anche quelle persone che in Germania sono state in grado di ristrutturare delle fabbriche smantellate e di farci oltre 200 musei e centri culturali, commerciali, turistici, dando lavoro a molte più persone di quante ne lavorassero in fabbrica.
Invece, il Popolo, NON sono quelli che smantellano le fabbriche in Italia promettendo grandi parchi, e poi lasciano tutto abbandonato per decine di anni. NON sono quelli che, per risanare il debito pubblico, incidono sui consumi aumentando l'aliquota IVA al 21% senza invece andare a colpire evasori e mafia, perchè sono amici loro. NON sono i nostri politici ultramilionari e nullafacenti.
Mi chiedo: e dove si collocano quelli che se ne sono andati e non vogliono tornare? Hanno intervistato più di un italiano che vive in Germania, e che ha dichiarato di non voler tornare in Italia se non per visita. Non è giusto, ma come biasimarli?
Anch'io sono andata via. Sono fuggita da un posto sempre più in mano a quella che chiamano "la quinta mafia", una specie di figlia della camorra che sta costruendo il suo impero nel basso Lazio. Quello che vivo qui ogni giorno, le cose meravigliose che mi sta dando questa terra, non le avrei giù. Avrei molto altro, è vero.
Ma è difficile. Molto difficile.
Tuttavia, al di là delle mie scelte personali, mi consola vedere e pensare che ci sono anche tante belle realtà nel nostro amato Mezzogiorno. Tante belle iniziative, tante idee, tanta gente MOOOOLTO in gamba. E allora, mi chiedo, come è possibile che ancora non abbiamo sconfitto questa "struttura" (mafie+politici+...) che ci sta distruggendo? Perchè non ce la facciamo? Da cosa dipende?
Non voglio risolvere ora nè disquisire qui la questione meridionale. Non ne sarei assolutamente capace. Ma sarebbe davvero bello se tutti si impegnassero, come in Germania, affinchè Nord e Sud Italia siano alla pari, affinchè ciò che c'è di buono (e ce n'è molto) venga sempre più fuori con tutta la sua forza, energia, i suoi colori, i suoi profumi, la sua voglia di dire basta e di ricominciare.
NB: la prossima puntata sarà sui precari... Non so se avrò il coraggio di vederla, somatizzo troppo quello che mi succede intorno e potrei rischiare il colpo di grazia. Ma tanto lo so che alla fine me la vedrò e piangerò fiumi di lacrime, come sempre, maledicendo e benedicendo la mia terra.
I primi 2 minuti si parlava di finanza, e già volevo alzarmi dal divano e migrare verso il letto. E invece poi, si sono aperte le porte sulla Campania.
Il Popolo... Il Popolo, con la P grande, è quello di migliaia di persone, padri di famiglia soprattutto, che si alzano la mattina alle 5 e vanno a fare i muratori, per 30 euro al giorno, in nero, senza un briciolo di contributi, e sperando ogni giorno di poter lavorare, perchè neanche quello è sicuro.
Il Popolo, sono le giovani donne, di 30-35 anni, rimaste incinte senza sapere neanche bene come a 15-16 anni, che ora si ritrovano con più di 3 figli da sfamare, e che vivono una vita grama, non hanno potuto studiare, non lavorano, non sanno nulla del mondo se non di quello che riguarda il loro quartiere. Depresse, molto spesso sono ricoverate in centri di igiene mentale o prendono psicofarmaci.
Il Popolo, sono le maestre che nelle scuole, con 27-28 iscritti per classe e solo mezza dozzina di frequentanti, comprano di tasca propria il materiale per la scuola: quaderni, penne, cartelloni, tutto. Perchè, dicono, "l'importante sono loro (i bambini)".
Ma il Popolo, sono anche quelle persone che in Germania sono state in grado di ristrutturare delle fabbriche smantellate e di farci oltre 200 musei e centri culturali, commerciali, turistici, dando lavoro a molte più persone di quante ne lavorassero in fabbrica.
Invece, il Popolo, NON sono quelli che smantellano le fabbriche in Italia promettendo grandi parchi, e poi lasciano tutto abbandonato per decine di anni. NON sono quelli che, per risanare il debito pubblico, incidono sui consumi aumentando l'aliquota IVA al 21% senza invece andare a colpire evasori e mafia, perchè sono amici loro. NON sono i nostri politici ultramilionari e nullafacenti.
Mi chiedo: e dove si collocano quelli che se ne sono andati e non vogliono tornare? Hanno intervistato più di un italiano che vive in Germania, e che ha dichiarato di non voler tornare in Italia se non per visita. Non è giusto, ma come biasimarli?
Anch'io sono andata via. Sono fuggita da un posto sempre più in mano a quella che chiamano "la quinta mafia", una specie di figlia della camorra che sta costruendo il suo impero nel basso Lazio. Quello che vivo qui ogni giorno, le cose meravigliose che mi sta dando questa terra, non le avrei giù. Avrei molto altro, è vero.
Ma è difficile. Molto difficile.
Tuttavia, al di là delle mie scelte personali, mi consola vedere e pensare che ci sono anche tante belle realtà nel nostro amato Mezzogiorno. Tante belle iniziative, tante idee, tanta gente MOOOOLTO in gamba. E allora, mi chiedo, come è possibile che ancora non abbiamo sconfitto questa "struttura" (mafie+politici+...) che ci sta distruggendo? Perchè non ce la facciamo? Da cosa dipende?
Non voglio risolvere ora nè disquisire qui la questione meridionale. Non ne sarei assolutamente capace. Ma sarebbe davvero bello se tutti si impegnassero, come in Germania, affinchè Nord e Sud Italia siano alla pari, affinchè ciò che c'è di buono (e ce n'è molto) venga sempre più fuori con tutta la sua forza, energia, i suoi colori, i suoi profumi, la sua voglia di dire basta e di ricominciare.
NB: la prossima puntata sarà sui precari... Non so se avrò il coraggio di vederla, somatizzo troppo quello che mi succede intorno e potrei rischiare il colpo di grazia. Ma tanto lo so che alla fine me la vedrò e piangerò fiumi di lacrime, come sempre, maledicendo e benedicendo la mia terra.
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