lunedì 17 ottobre 2011

Diritto al cibo, diritto all'agricoltura!

(post scritto venerdì 14 ottobre ma pubblicato solo oggi….)

Ieri pomeriggio, io (Don Chisciotte) e il mio fido Sancho Panza siamo andati a Parma, per il festival “Kuminda”, sul diritto al cibo. L’incontro programmato ieri riguardava in particolare le questioni legate alla sovranità alimentare, tema a me molto caro ma soprattutto di fondamentale importanza rispetto alle crisi alimentari e ambientali degli ultimi 4-5 anni.
L’argomento, quindi, era super interessante, e i relatori sembravano davvero accattivanti. Come dice la mia carissima amica Angela, uno degli scopi di un blog è anche quello di tenere per iscritto dei “remembering personali”, da rileggere un domani e/o da condividere con altri. Quindi voglio usare questo spazio come “blocco di appunti” per scrivere gli argomenti emersi dal convegno e le impressioni che ho avuto, nonché i confronti fatti con Sancho Panza, amor de mi vida.


Prima di tutto, l’ambiente. Non in senso ecologico, ma proprio in senso di stanza. Credo proprio che questa sia stata la prima “falla” dell’incontro: si svolgeva infatti in una sala di una biblioteca del dipartimento di economia all’università di Parma, una sala molto bella, ma pur sempre una biblioteca universitaria, con molti tavoli in mezzo tutti dotati di lampada, che in qualche modo impedivano/disturbavano la visuale. Sarebbe stata meglio un’aula, o una saletta adibita per le conferenze. In più c’era davvero poca gente, una quindicina di persone al massimo come spettatori, e non so se era perché era poco pubblicizzato, o poco interessante (non credo), o in orario scomodo (alle 16! Abbiamo dovuto prendere un permesso a lavoro entrambi!), o in una settimana piena zeppa di altri mille eventi… Comunque eravamo in pochi, e questo ha un po’ gravato sulla cosa, secondo me. In più, la metà dei relatori è letteralmente fuggita durante o dubito al termine dell’incontro, lasciando poco/nessuno spazio per la discussione.


Detto ciò, veniamo al succo dell’incontro.


Inizierei con il moderatore, Alessandro Arrighetti, che fa parte di un’interessante realtà chiamata CUCI (Centro Universitario per la Cooperazione Internazionale). Non è che abbia detto nulla di che, ma era sicuramente geniale nel cogliere l’essenziale di ogni intervento, anche di quelli inutili e politici come quello di Pier Luigi Ferrari (Assessore Agricoltura Prov. Parma), il quale si è riempito la bocca di parole fighe, le ha messe una dietro l’altra ma senza alcun senso (per questo tralascerò di recensire il suo intervento…). Insomma, Arrighetti ottimo moderatore, e certamente persona interessante, che mi sarebbe piaciuto ascoltare con più attenzione magari in un intervento tutto suo.


Dopodiché, il convegno si apre subito con un ciclone: il prof. Filippo Arfini, docente del dipartimento di Economia a Parma, che con un intervento molto dettagliato ha spiegato alla perfezione il sistema agro-alimentare europeo, la sua storia, il suo perché, il suo funzionamento. Al termine ho pensato che volevo diventare come lui, una economista agraria! Davvero davvero bravo. Certamente sarà un ottimo docente. Ha spiegato l’importanza della filiera, e di come la distribuzione, ultimo anello della catena, in realtà domini sul resto delle componenti (produzione, ecc.): è la distribuzione che decide se i contadini devono cominciare a coltivare solo biologico oppure OGM, se devono produrre solo pomodori perché le carote non le mangia nessuno, ecc.. Questa cosa ovviamente è recente, e ha scombussolato totalmente il sistema agro-alimentare (fragole a dicembre? Arance a luglio?) e soprattutto le realtà contadine.

Dopo di lui, c’è stato l’orrendo assessore, e poi Arturo Gianvenuti, di Terranuova, ONG romana che, insieme a Crocevia, Coldiretti e altre ONG europee, nonché insieme alle tre organizzazioni contadine africane (ROPPA per africa occidentale, più quelle di africa centrale e orientale) ha dato vita a EuropAfrica, una campagna in difesa dell’agricoltura familiare e della sovranità alimentare in Africa come in Europa. EuropAfrica è stato il fulcro della mia tesi di laurea, nonché il punto cruciale da cui è partito il mio amore spassionato per l’agricoltura. Purtroppo l’intervento di Arturo non è stato tra i migliori, non so se per timidezza o non preparazione o non capacità di public speaking, ma non è stato assolutamente incisivo e interessante come invece avrebbe dovuto essere. Gli argomenti di cui ha trattato sarebbero dovuto essere il fulcro del convegno, e invece sono passati un po’ in secondo piano. In ogni caso, è bene ricordare ciò di cui si è parlato: sovranità alimentare (ovviamente), ma soprattutto agricoltura familiare, politiche europee per la food security, e in particolare land grabbing. Su questo punto vorrei soffermarmi: il land grabbing è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede soprattutto in Africa Subsahariana, dove grandi appezzamenti di terreni “abbandonati” vengono comprati da grandi multinazionali (in Italia ad esempio la ENI) e utilizzati per la produzione di biocarburanti o produzioni (spesso OGM) da esportare. Questo a danno dell’economia locale, che perde dei terreni coltivabili, non guadagna quasi niente da tutta la transizione (i ricavi sono delle aziende e i prodotti esportati), si ritrova alla fine con terreni devastati dalle colture intensive e super chimiche.


Successivamente è intervenuto Ousseynou Mbengue, presidente della comunità senegalese della provincia di Parma, il quale ha parlato di un progetto che stanno portando avanti “Terra e salute”, che accorpa interventi in ambito agricolo e sanitario in zone particolarmente difficili del Senegal.

Il prof. Bruno Marangoni, della mitica facoltà di Agraria di Bologna, esperto in colture arboree, ha parlato dell’agricoltura in Africa Occidentale, specificando che è necessario che, invece di importare dall’estero grano e mais, dovrebbero (e potrebbero) sfruttare le colture locali (come il sorgo) e nutrirsi perfettamente, anche per non alterare le abitudini e tradizioni alimentari che hanno già.


Alla fine, una rappresentante della Regione Emilia Romagna, che lavora nell’ufficio Cooperazione Internazionale, ha concluso il dibattito parlando di quello che fa l’ufficio (molto interessante) e soprattutto parlando di un incontro al quale aveva appena assistito con una donna senegalese (non ricordo né chi fosse né che incontro era), sottolineando l’importanza delle donne in agricoltura e affermando con forza che ormai non bisogna più parlare di “uguaglianza”, ma di DIGNITA’.


E questa dignità, a mio avviso, va cercata e perseguita non solo nel rapporto uomo-donna, ma anche nel lavoro agricolo che ogni giorno è portato avanti da milioni di contadini e produttori, che dovrebbe assolutamente essere rivalutato in Europa, come anche in Africa, in America, ovunque, perché è alla base della nostra VITA e della sopravvivenza del pianeta.

Nessun commento:

Posta un commento